The Experiment – Cercasi cavie umane è un film del 2001 diretto da Oliver Hirschbiegel, tratto dal romanzo Black Box di Mario Giordano, basato a sua volta sugli eventi pertinenti l’esperimento carcerario di Stanford, condotto nel 1971 dallo psicologo statunitense Philip Zimbardo. Il tassista ed ex reporter Tarek Fahd legge su un giornale la pubblicità di un esperimento organizzato da una squadra di psicologi, nel quale per due settimane dei volontari dovranno impersonare guardie e detenuti in una finta prigione. Coloro che verranno selezionati per impersonare dodici detenuti dovranno rinunciare a gran parte della loro privacy e dei loro diritti civili. I volontari che dovranno impersonare otto guardie avranno il compito di assicurare il rispetto delle regole e mantenere l’ordine.
Il film gravita attorno ai concetti di ruolo ed identità sociale. Quello che inizia come un gioco, si tramuta ben presto in uno scenario degenerativo che culminerà con la perdita totale di controllo di alcuni membri. A dare inizio alla trasformazione da clima scherzoso a serio è l’atteggiamento di sfida del protagonista, che permette l’accesso a dinamiche personali come la mancanza di rispetto tra guardia e carcerato e lo scherno. In pochissimi giorni i personaggi della vicenda si allontanano da quella che è la loro identità di sempre per aderire inconsapevolmente e gradualmente alla nuova identità data dalle condizioni dell’esperimento. Si smette di essere padri di famiglia e uomini d’affari per divenire agenti di custodia e detenuti.
Emerge inoltre un pensiero di gruppo, in cui il singolo perde sempre di più autoconsapevolezza e autocontrollo in determinate situazioni nelle quali si trova ad agire all’interno di dinamiche sociali e di gruppo (deindividuazione). Il processo di deindividuazione induce una perdita di responsabilità personale, ossia la ridotta considerazione delle conseguenze delle proprie azioni, indebolisce i controlli basati sul senso di colpa, la vergogna, la paura, così come quelli che inibiscono l’espressione di comportamenti distruttivi. La deindividuazione implica perciò una diminuita consapevolezza di sé e un’aumentata identificazione e sensitività agli scopi e alle azioni intraprese dal gruppo: l’individuo pensa, in altri termini, che le proprie azioni facciano parte di quelle compiute dal gruppo. Berus diventa il leader, il capo del gruppo degli agenti di custodia e coloro che non obbediscono vengono isolati dal gruppo e rimossi dall’incarico. Dopo l’iniziale rottura del clima da parte di Tarek, Berus dichiara apertamente “guerra” umiliando e punendo i detenuti. Da questo momento in poi si creano ufficialmente due fazioni nemiche con lo scopo di prevalere l’una sull’altra; nuovi elementi come la sottomissione, l’obbedienza e l’ostentazione di autorità prendono piede tra i personaggi. Ci sono diverse reazioni comportamentali ed emotive alla prigionia: Tarek diventerà molto provocatorio e reagirà alla tensione con aggressività, altri personaggi come Schütte reagiranno alla tensione con crollo emotivo e perdita di controllo. L’identificazione con il ruolo degli agenti di custodia diviene talmente grande che vengono stravolte anche le figure di riferimento reali come la dottoressa Grimm, imprigionata perchè intenzionata ad interrompere l’esperimento, l’assistente che si occupava della sorveglianza e delle comunicazioni e lo stesso professor Thon, responsabile dell’equipe e dell’esperimento.
Nelle scene finali la perdita di controllo è totale e si verificano diversi crimini come il tentativo di abuso sessuale da Eckert verso la dottoressa Grimm e il ferimento al volto del professor Thon, accorso per annullare l’esperimento. La stessa guardia insegue Bosch e tenta di spiegargli che l’esperimento è terminato; preso dalla disperazione e dalla rabbia, Bosch lo uccide, ferendolo a morte con un estintore. I ruoli, le nuove identità, l’ambiente e le regole imposte hanno letteralmente inghiottito e stravolto i partecipanti di entrambi gli schieramenti, portandoli a pensieri ed azioni che mai avrebbero compiuto altrimenti.