La prima cosa bella è un film del 2010 diretto da Paolo Virzì. La pellicola racconta le tragicomiche vicende che vedono coinvolta la famiglia Michelucci. Anna è una donna giovane e piacente ma molto ingenua che inconsapevolmente e non, cattura l’interesse di molti uomini; Mario è un uomo severo e introverso che tiene molto all’immagine sociale e che non riesce a contenere la sua aggressività, arrivando anche a manifestazioni fisiche; Valeria è una bambina vivace e sempre allegra, capace di entusiasmarsi per qualsiasi cosa; Bruno, il primogenito, è un ragazzo cupo che si vergogna della madre, sempre preoccupato e diffidente. Fin dalle prime scene si intuisce il clima che aleggia nella famiglia Michelucci, ad esempio nel senso di vergogna e sudditanza di Anna nei confronti di Mario, padre padrone che rimprovera la moglie per essersi messa in mostra e per aver messo in ridicolo l’intera famiglia.
Ben presto si assiste alla disgregazione familiare: l’elevatissima conflittualità interna e il non riconoscimento della libertà dell’altro portano ad una violentissima lite che divide definitivamente i membri della famiglia. Entrambi i coniugi non riescono a mantenere i loro dissidi all’interno della coppia, esondando e coinvolgendo i figli che finiscono per replicare gli atteggiamenti dei genitori (si veda per esempio l’atteggiamento svalutante di Bruno nei confronti della sorella). Bruno e Valeria vengono strumentalizzati da entrambi i genitori con diverse modalità, vengono usati come mezzo per ferire l’altro, vengono spostati quasi come oggetti da un’abitazione all’altra e parcheggiati da questo o da quell’amico di famiglia. Mario non riesce a vedere la sofferenza che la vicenda familiare sta provocando nei suoi figli, ma vede i bambini come strumenti per realizzare la sua idea di famigliola felice, finendo per scadere in una mera questione di facciata e apparenza. Anna ama molto i suoi figli, ma non riesce ad essere una madre adeguata, finendo per metterli da parte focalizzandosi sui suoi desideri e aspirazioni. Anna non riesce a cogliere molte sfumature emotive dei figli e risulta inadeguata in molte situazioni, soprattutto durante l’adolescenza in cui finisce per risultare invasiva. Viene spontaneo allo spettatore sospettare una disabilità intellettiva lieve, che rende la donna eccessivamente ingenua e facile preda di persone senza scrupoli. Anna, che non viene e non si sente mai vista, trova nel cinema l’occasione per essere finalmente riconosciuta e ricevere attenzioni da qualcuno. La caratteristica chiave del personaggio è la bellezza, elemento che la porta ad avere impieghi e sistemazioni momentanee per se stessa e per i figli.
Il film segue due linee temporali: una del passato, in cui vengono raccontati gli eventi di Bruno e Valeria bambini e una del presente, dove i due figli sono diventati ormai adulti. Bruno sviluppa un carattere evitante, cerca di fuggire dal passato e di ignorare gli altri membri della famiglia, per sua stessa ammissione si avvicina al consumo di droghe leggere, farmaci e alcolici per colmare il vuoto affettivo e la perenne infelicità in cui si sente immerso; Valeria invece non riesce ad entrare davvero in contatto con il proprio figlio risultando quasi ipercontrollante e si lega ad un marito che non ama e che la annoia. Con l’avanzare delle vicende si noterà la sempre maggior insofferenza di Valeria nei confronti del marito, che aveva sposato per colmare il vuoto che il fratello aveva creato andandosene. La mancanza di una figura genitoriale paterna e il successivo allontanamento di Bruno, che Valeria vedeva come punto di riferimento, spingono la ragazza a legarsi con un uomo prematuramente. Dopo un’iniziale simpatia, Valeria si rende conto di non amare l’uomo che ha sposato e si ritrova ingabbiata in un matrimonio sterile. Quasi che la logorrea del marito servisse a colmare il silenzio, il vuoto che Valeria aveva nel suo cuore.
L’episodio del malessere del padre e la malattia di Anna sono l’occasione del riavvicinamento familiare. Non di rado capita che l’evento negativo, spesso legato alla sfera della salute, sia l’occasione per il termine dei conflitti portati avanti negli anni. Particolare interessante nell’intero film è la superficialità dei conflitti, vale a dire non è presente in nessuno dei personaggi un odio viscerale ed inestinguibile, la rabbia è più o meno sempre superficiale, rabbia che nasconde un dolore, rabbia causata dalla ferita di un legame vivo. Bruno con la risoluzione dei legami familiari, dei non detti e degli affetti troncati riesce di nuovo ad assaporare la gioia di vivere, rinunciando così alle sue condotte di dipendenza e reinvestendo emotivamente nell’altro, cosa che non riusciva a fare da molto tempo.