La guerra dei Roses è un film del 1989 diretto da Danny DeVito, basato sul romanzo “The War of the Roses” di Warren Adler. Oliver Rose, studente in legge ad Harvard, incontra Barbara, giovane ed affascinante ginnasta di cui si innamora subito; i due si sposano e hanno due figli: Josh e Carolyn. Ben presto Oliver fa carriera come avvocato e la loro vita sembra procedere a gonfie vele. Alcuni anni dopo, in seguito al trasferimento nella villa tanto desiderata da Barbara, i rapporti tra marito e moglie iniziano ad incrinarsi a causa di alcune divergenze. Da un inizio romantico e passionale, si passa per una freddezza emotiva fino ad arrivare all’odio e alla rabbia. Nell’episodio della cena con i bicchieri baccarat viene mostrato allo spettatore lo scenario iniziale effettivo che viene poi esasperato nello svolgimento della trama. Barbara risulta inadeguata a quel clima aristocratico e snob. Si sente a disagio, suscitando l’imbarazzo di Oliver che le suggerisce cosa dire, non rispetta i suoi turni nel dialogo e racconta il finale della storia riportando su di sè l’attenzione del gruppo. Si intuisce l’imbarazzo e il bisogno di controllo di un coniuge verso l’altro ritenuto culturalmente e socialmente inferiore.
Momento interessante è quello in cui Barbara vomita addosso a Susan, la futura donna di servizio, tutta la sua insoddisfazione e solitudine, risultando fuori luogo e mettendo a disagio la donna durante il colloquio di lavoro. Barbara si rende conto di non avere più uno scopo, dopo essere stata una moglie e una madre non ha più ben chiara la sua identità. I figli ormai dimagriti e cresciuti stanno per uscire di casa per andare ad Harvard, ossia hanno compiuto quel processo di individualizzazione e distacco dalle figure genitoriali, trovando una loro identità e indipendenza. L’atteggiamento di iper cura da parte di Barbara si può intuire ad esempio nel sovrappeso di entrambi i figli, nutriti e curati anche più del dovuto, un po’ come una “mamma chioccia” che confonde ciò che è meglio per i figli con i propri bisogni personali. Dopo essersi dedicata alla ristrutturazione e all’arredamento della casa, Barbara sente di non avere più uno scopo e riversa impropriamente su Susan le sue frustrazioni, risultando fuori luogo. Questo è un evento che può verificarsi in un matrimonio, dove marito e moglie devono ricostruire una loro identità di coppia dopo molti anni. La presenza di uno o più figli, in un modo o nell’altro, condiziona il precedente equilibrio della coppia: il focus non è più il partner ma diventa un oggetto terzo. Riposizionare questo focus all’interno della coppia non sempre risulta facile, poichè diverso tempo è passato e possono essere cambiati sentimenti, idee e abitudini della coppia.
Quando Barbara prova a ricercare una nuova indipendenza ed identità attraverso l’attività di produzione di patè, Oliver la ridicolizza e non riesce a valorizzare il suo tentativo, ad esempio non leggendo il suo contratto datogli una settimana prima e usandolo per uccidere una mosca sul frigorifero. C’è un evidente complesso d’inferiorità da parte di Barbara nei confronti del marito e dall’altra parte un atteggiamento di sufficienza che non fa altro che alimentare questo meccanismo disfunzionale. Altro elemento è l’animale domestico: Barbara ha una gatta mentre Oliver ha un cane. Ogni coniuge mal tollera la presenza dell’animale domestico dell’altro e più volte si verificano comportamenti non adeguati o di scherno verso di essi. L’animale domestico diventa quindi il prolungamento del coniuge e una modalità indiretta per riversare la propria rabbia sull’altro.
Oliver si dimostra un uomo totalmente orientato alla carriera e concentrato su di sè e sul proprio successo, che non riesce a vedere Barbara e ciò che le sta accadendo. Barbara infatti inizia a sviluppare un’insofferenza ed una rabbia sempre maggiori verso il marito, si veda per esempio il momento del pasto o il tentativo di un contatto intimo, a cui Barbara reagisce con disgusto e distacco. L’equilibrio viene ufficialmente rotto con l’episodio dell’ospedale, dove si supera il limite di quelli che sono stati sempre piccoli screzi e incomprensioni, sfociando in una questione seria come quella di un grave malessere di Oliver, potenzialmente fatale. Alla confessione di Barbara e alla successiva richiesta di divorzio il clima inizia ad inasprirsi e a precipitare, da qui in poi sarà impossibile per Barbara tornare indietro. Ciò che differenzia in modo sostanziale Barbara e Oliver è il loro rapporto verso l’amore. Non vi è più speranza per Barbara che, pervasa dall’odio, non prova più alcun sentimento positivo per il marito e rimane schiava del suo stesso orgoglio. Oliver invece, nonostante i contrasti sempre provocati da Barbara, è ancora innamorato della moglie e periodicamente durante la vicenda tende la mano verso di lei e la invita a cessare le ostilità. Dimora ancora la speranza in Oliver che continua ad amare, dove la provocazione rimane fine a se stessa, non si trasforma cioè in rancore e non genera strascichi. Si può dire che Barbara sia carnefice e vittima allo stesso tempo di questo gioco malato: carnefice poichè è sempre lei a provocare, ferire e manipolare Oliver, ma anche vittima perchè ben presto non riuscirà più a sottrarsi da quella spirale di sfida e orgoglio in cui ha gettato se stessa e il marito. Oliver invece è semplice vittima di questo gorgo che, ben presto, gli fa perdere il buon senso e lo fa scendere a patti semplicemente folli con Barbara. Entrambi i coniugi si rendono conto dei propri errori, ma a differenza di Oliver che riesce ad ammetterli e a chiedere scusa, Barbara non chiede mai scusa, ma anzi, seppur con qualche tentennamento o dubbio, continua nella sua opera distruttiva. I passi indietro che Barbara sembra compiere in alcuni punti del film sono solamente strumentali per arrecare un danno ancora più incisivo e subdolo. Abbiamo il ritratto di una donna molto manipolatoria e implacabile, che non vede mai saziarsi la sua sete di sangue. Un odio quindi sterile, che non porta a nulla se non ad altro male, continuando un ciclo senza fine che solo la morte potrà rompere. Barbara sembra pervasa da una furia inarrestabile, dove il ferire l’altro diventa l’unica cosa che conta anche quando, pur di arrecare danno all’altro, si fa del male a se stessi. Esempio lampante è la scena della distruzione delle porcellane a cui Barbara in primis teneva tantissimo e in generale il danneggiamento continuo e graduale della casa che tanto aveva desiderato e curato. Da un certo momento in poi il bene materiale perde d’importanza e tutto gravita attorno alla sfida e alla questione di principio. Ormai a nessuno dei due coniugi importa di questo o di quell’oggetto, ma tutto diviene arma da utilizzare per prevalere sull’altro.
La scena finale dal risvolto comico racchiude in verità un messaggio molto più profondo. Sospesi sul lampadario, luogo che nel film simboleggia pericolo ma anche totale assenza di menzogne e inganni, luogo in cui ci si può mettere a nudo esprimendo i propri sentimenti, Oliver dichiara di aver sempre amato la moglie nonostante tutto e si dichiara pronto a sotterrare l’ascia di guerra. La donna dicendo “Lo so” riconosce ed ammette l’amore del marito ma non riesce a comprendere davvero quel sentimento. Barbara alla fine risulta sconfitta, con il gesto molto significativo di allontanare Oliver dichiara il suo completo fallimento, risultando definitivamente schiava dell’odio e incapace di amare. Oliver al contrario sceglie di spendere le sue ultime forze per un estremo gesto di amore, uscendo vincitore dalla vicenda e riuscendo a tirarsi fuori da quella spirale di male. Oliver non viene certo assolto per le azioni negative che anche lui volontariamente ha compiuto, ma riesce ad essere anche altro, riesce a perdonare e ad amare.